La storia dei rumori assordanti nel corso della missione ...

Altro cavallo da battaglia dei luna-complottisti per sostenere le loro discutibili tesi, è proprio il rumore generato dai propulsori utilizzati nel corso delle missioni lunari. A loro parere, infatti, un motore a razzo produrrebbe un rumore tanto forte da coprire qualunque dialogo si tentasse d'effettuare, anche tra persone molto vicine tra loro, (gli astronauti durante la discesa sulla Luna con il LEM) e tra controllo di terra e missione (comunicazioni con Houston durante l’atterraggio). Innanzitutto va detto che è vero che un motore a razzo produce un rumore assordante, ma questo è tale, solo se lo si ascolta in funzione attraverso l’atmosfera. Tutti, almeno spero, sapranno che il suono (che è un’onda meccanica e non elettromagnetica), ha bisogno di un mezzo per propagarsi. Questo mezzo è molto spesso un gas come l’aria.

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Facile capire quindi che nel vuoto dello spazio (l’ambiente in cui doveva funzionare il LEM), il suono non può propagarsi tutto attorno e le onde sonore generate dai propulsori durante la combustione, vengono scaricate prevalentemente verso l’esterno insieme ai gas roventi e non possono ritornare verso la fonte per essere udite. Durante il volo quindi, l’unico e tollerato rumore che potevano udire gli astronauti, era solamente quello generato dalle vibrazioni del telaio metallico della navetta, che sollecitato dai propulsori interessati, emetteva per propagazione, un demoltiplicato eco delle potenze in gioco. Durante la salita dalla Luna invece, quando veniva utilizzato il motore di ascesa che si trovava per circa un terzo all’interno dell’abitacolo, il rombo era un po’ più forte, anche se descriverlo “rombo” forse è un po’ eccessivo. Più che altro, si trattava di un forte ronzio causato dallo scarico della combustione verso l’ugello e dal defluire dei propellenti nelle tubature interessate.

Per capire meglio il concetto della mancata propagazione delle onde sonore nel vuoto, si considerino i sistemi ricetrasmittenti utilizzati dagli astronauti per parlare tra loro durante le passeggiate lunari. L’assenza dell’aria sulla superficie selenica infatti non permetteva alla voce degli astronauti di propagarsi in nessuna direzione, salvo che questa non fosse, captata con un microfono, modulata su una portante e trasmessa nell’etere mediante una radio ricetrasmittente. Se a causa di un guasto questo sistema andava fuori uso, l’unico metodo che rimaneva per colloquiare (sino a una volta rientrati nel LEM) era la mimica della frase o la lettura del labiale. La sensazione spiacevole che si provava in quella situazione e descritta dagli stessi astronauti (naturalmente sperimentandola durante il training), era come il diventare sordi improvvisamente.

Molti luna-complottisti però, obiettano sul fatto che la Grumman (l’industria che costruì il LEM per conto della NASA), aveva adottato complessi sistemi di soppressione delle vibrazioni e del suono. Se quest’ultimi erano assenti, come si spiega questa scelta di progetto? I sistemi di soppressione delle vibrazioni di cui erano dotati tutti i LEM, servivano, solo ed esclusivamente, ad evitare che le vibrazioni generate dai propulsori (e parliamo di vibrazioni ad alta frequenza e non di suoni udibili), potessero trasmettersi all’intera struttura del LEM. Queste, infatti, avrebbero potuto compromettere il funzionamento ottimale delle apparecchiature di precisione installate a bordo, nonché l’integrità degli apparati elettrici, del combustibile e idraulici. Immaginiamo infatti, cosa sarebbe potuto accadere, se queste vibrazioni, avessero scosso freneticamente la delicata piattaforma inerziale. Questa era responsabile del rilevamento d’assetto dell’astronave per il computer di guida del veicolo e la sua precisione era indispensabile per seguire correttamente la rotta. Era tanto sensibile, che registrava addirittura i movimenti dell’equipaggio all’interno del veicolo. Per tutelare queste delicate apparecchiature e far si, che potessero funzionare senza “disturbi di fondo”, si adottarono questi sistemi di soppressione, che molto spesso erano inseriti, dove il propulsore articolava con la struttura del modulo, o dove i moduli articolavano tra loro.

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La storia della bandiera senz'ombra ...

Una foto tanto discussa dai teorici del complotto lunare, è quella che ritrae Buzz Aldrin di Apollo 11, accanto alla bandiera americana. Secondo il loro punto di vista, in questa foto, l'ombra dell'asta che sorregge il vessillo mancherebbe del tutto all'appello, rilevando un grave errore di distrazione, commesso dai cospiratori della NASA al momento dell'elaborazione della foto.

Prima di analizzare scientificamente la versione ad alta risoluzione della posa in esame, evidenziando così ancora una volta, la totale incosistenza delle tesi luna-complottiste, sarebbe bene chiedersi una cosa?!  E' possibile che la NASA con l'immenso budget che aveva a disposizione all'epoca (praticamente illimitato), se fosse stata costretta a simulare un allunaggio, avrebbe lasciato errori così madornali? Soprattutto pensando che in un futuro non molto lontano, con il progredire della tecnologia, tutto questo potesse essere facilmente smascherato? Io credo proprio di no! Se una foto doveva essere ritoccata per nascondere particolari del set sfuggiti agli operatori della bufala, non sarebbe stato molto più semplice rifarla, piuttosto che omettere particolari con il rischio di far cadere nel ridicolo sia l'ente spaziale che l'intero governo USA? A voi ogni deduzione razionale ...

Tornando alla bandiera di Apollo 11, ci si accorgerà subito che non è assolutamente vero che questa non ha ombra; se si osserva attentamente la foto ad alta risoluzione proveniente dai siti NASA, ci si accorgerà che in realtà, questa è inghiottita dal modesto avvallamento in cui il vessillo è stato piantato! Un'altra foto ripresa da angolazione diversa, mostra chiaramente l'ombra scomparsa e la depressione in questione!

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Ma non è finita qui. Il video che mostra gli astronauti dell'Apollo 14, dispiegare la bandiera sulla Luna, mostra secondo i luna-complottisti, un'evidente anomalia. Secondo il loro punto di vista, la bandiera sventolerebbe a tratti, come se fosse sospinta da una leggera brezza. Ma non c'è aria sulla Luna, come è possibile?

Se si osservano attentamente le riprese in questione, ci si accorgerà che solo quando gli astronauti toccano la bandiera, questa sventola! Se continua a farlo per alcuni secondi dopo l'ultimo tocco, è proprio perchè si trova sulla Luna! L'assenza di atmosfera e quindi di attrito con le molecole d'aria, permette agli oggetti leggeri come un vessillo, di continuare a vibrare per un po' dopo una sollecitazione. E' il vuoto cosmico della Luna il suo miglior alleato. Osservate le foto. Senza il sostegno superiore, la bandiera cadrebbe sconsolata sull'asta che la sostiene. Le forme un po' bizzarre che assume (spiegazzamenti compresi), sono il classico esempio di un corpo che non è soggetto ad interazione con un gas (che nel giro di pochi minuti, la dispiegherebbe per benino). Anche i movimenti che compie quando viene agitata, mostrano chiaramente questo fenomeno. Essa segue a ruota ogni movimento, inarcandosi di pochissimo al centro (dove i gas tenderebbero ad accumularsi) e molto ai bordi, dove le forze fisiche agiscono con maggior efficienza, sulle proprietà flessibili del tessuto. Di seguito il video esplicativo dei movimenti della bandiera nel vuoto, di Apollo 17:

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La storia infinita delle fasce di Van Allen:

I teorici del complotto lunare, sostengono che l'attraversamento delle fasce di Van Allen, sarebbe altamente letale per l'uomo, proprio a causa "dell'intensa" radiazione imprigionata in questa zona dal campo magnetico terrestre. Questa affermazione sarebbe veritiera, solo se si supponessero le fasce di Van Allen di forma sferica e quindi in grado di avvolgere completamente il nostro pianeta. Nella realtà invece, la questione è completamente diversa.

Explorer 1Sul finire degli anni 50' durante importanti studi effettuati dal fisico statunitense prof. James Van Allen (da cui deriva il nome delle suddette fasce), si scoprì, quasi per caso, utilizzando due satelliti costruiti per lo studio dei raggi cosmici (Explorer 1 e 3), la presenza di tali fasce di radiazione. Interpretando i dati forniti dagli strumenti di bordo (prevalentemente misuratori Geiger), se ne appurarono: intensità, particelle costituenti, ma soprattutto la loro forma. Si comprese subito (monitorando i dati trasmessi nel proseguire delle orbite del satellite) che queste non si estendevano in tutte le direzioni, anzi, in determinate aree la quantità di particelle presenti, scendeva di molto sotto i valori massimi misurati in altre zone. Si appurò così l'estensione precisa delle fasce constatando che esse hanno una forma approssimativamente toroidale. Inoltre in quei giorni, si scoprì che erano (e lo sono tuttora) divise in due parti principali, una interna più densa  e una esterna più blanda. Gli ingegneri della NASA quindi, cercarono di pianificare accuratamente la rotta di trasferimento "da e per" la Luna, scegliendo una traiettoria alternativa a quella ideale (con inclinazione equatoriale di circa 30°), che avrebbe portato gli astronauti ad attraversare le fasce di Van Allen in maniera più efficiente, percorrendole in un tempo molto breve, nella zona più sottile. Clicca per ingrandire!Alleato degli astronauti era anche la sorprendente velocità (39.700 km/h), che si rese necessaria per uscire dall'orbita terrestre (traiettoria di trasferimento di Hohmann) e raggiungere l'orbita lunare. Questo parametro contribuì a ridurre di moltissimo il tempo necessario ad attraversare tali fasce, riducendo drasticamente i tempi di esposizione che avrebbero potuto interessare l'equipaggio. Da notare che lo stesso Van Allen, riteneva questa precauzione pressoché inutile, perchè secondo lui, viste le velocità in gioco, anche un attraversamento diretto sarebbe stato del tutto innocuo. Va ricordato inoltre, a differenza di quelli che credono che le zone radioattive siano talmente alte dalla superficie terrestre che solo le missioni lunari abbiano mai potuto transitarvi, che anche lo Space Shuttle e la ISS attraversano periodicamente una parte delle fasce durante le loro orbite attorno alla Terra. Esiste infatti l'anomalia sud-atlantica (SAA, southern atlantic anomaly), una propaggine a bassa quota delle fasce di Van Allen che si estende fino all'altezza orbitale dei veicoli con equipaggio umano. Nessun astronauta però ha mai riportato lesioni di nessun genere a seguito delle esposizioni dovute al passaggio in tale zona, nemmeno a lungo termine. Gli astronauti che hanno volato in passato, orbitando attorno alla Terra con le missioni Mercury, Gemini e Soyuz ne sono un classico esempio.

SAA - Southern Atlantic Anomaly

Durante le missioni Apollo, queste zone radioattive, venivano attraversate in circa un quarto d'ora, anche se va ricordato che tale valore è puramente indicativo. Infatti, fare calcoli precisi sulla durata dell'attraversamento delle fasce è in tutto e per tutto utopistico, perchè essendo sfumate e a intensità variabile, non è possibile stabilire con precisione, dove comincino e dove finiscano. Bisogna considerare inoltre che le astronavi (lunari e non) sono interamente costruite in metallo ed i rivestimenti interni (comprese le tute spaziali degli astronauti utilizzate sia per il volo e sia per l'esplorazione lunare) sono realizzate con materiali plastici (tipo polietilene ad alta densità o HDPE). Quest'ultimo è in grado di assorbire completamente tali particelle senza emettere radiazioni X dovute all'impatto con il primo schermo. Tutto questo garantisce una "schermatura" pressoché totale verso le particelle corpuscolari intrappolate dal campo magnetico terrestre in tale zona, che a differenza di quanto si crede erano e sono costitute tuttora essenzialmente da protoni ed elettroni, che vista la loro carica elettrica, vengono catturate e convogliate nelle linee di campo magnetiche del nostro pianeta.

Nelle fasce di Van Allen però, a differenza di quello che credono e confondono in tanti, non sono assolutamente imprigionate radiazioni ionizzanti di tipo elettromagnetico, come i raggi X e/o i raggi gamma, che vista la loro diversa natura (sono fotoni e non particelle corpuscolari cariche), non risentono di nessuna attrazione magnetica. La dose assorbita dagli astronauti quindi, durante l'attraversamento, è stata definita dagli scienziati mondiali, proprio per tutte queste ragioni, di entità trascurabile. Per approfondire meglio l'argomento, invito i gentili lettori a consultare le fonti ufficiali linkate di seguito:

  1. Working on the Moon, Eric M. Jones, Ken Glover, and Ulli Lotzmann.
  2. The Radiation Environment, Janet Barth, GSFC, 1999.
  3. An Annotated Bibliography of the Apollo Program, redatto da Roger D. Launius e J.D. Hunley.
  4. Summary of Medical Experience in the Apollo 7 Through 11 Manned Spaceflights, Berry, C.A..
  5. Review of Particle Properties, compilato dal Particle Data Group presso il Lawrence Berkeley Laboratory.
  6. Radiation Plan for the Apollo Lunar Mission (1969).

Ma cosa sono le fasce di Van Allen? Le fasce di Van Allen, conosciute meglio con il termine di "magnetosfera terrestre", sono zone radioattive lobate, poste attorno alla Terra. Il campo magnetico terrestre, ovvero quel complesso magnetico, costituito dalle linee di campo generate dagli strati fluidi del mantello terrestre, interagisce con le particelle cariche del vento solare, intrappolandole e convogliandole lungo le linee di forza. Essendo costituite principalmente da elettroni e protoni, sono la causa delle aurore boreali ed australi che si osservano ai poli del nostro pianeta. A causa della loro elevata concentrazione in determinate zone dello spazio, sono in grado di creare uno scudo radioattivo intorno alla Terra e di deviare buona parte delle radiazioni nocive che provengono dal Sole e dallo spazio cosmico. Si pensava all'epoca che attraversarle sarebbe stata un'impresa letale. Si appurò più tardi che il pericolo diminuiva di molto se si aumentava la velocità di attraversamento.  Vuoi saperne di più sul reale pericolo di un attraversamento della fasce di Van Allen? Chiedilo all'esperto!.

La vita nello spazio:
Clicca per ingrandire!Lo spazio non è un ambiente completamente inospitale alla vita. Nelle nubi interstellari e nelle comete, i radio-astronomi hanno recentemente scoperto e catalogato la presenza di alcuni tipi diClicca per ingrandire! amminoacidi tra cui la glicina, che si possono definire i mattoni della vita, dato che la loro aggregazione in determinate strutture, generano le proteine. Inoltre è bene ricordare un fatto straordinario avvenuto durante la missione Apollo 12. Essa atterrò a poche centinaia di metri dalla sonda automatica USA, Surveyor3, che scesa sulla Luna due anni prima, con lo scopo di sondare e verificare l'ambiente lunare, aveva aperto la strada al programma Apollo. Gli astronauti P. Conrad e A. Bean, prelevarono da questo relitto la telecamera in dotazione e la riportarono a Terra. Lo scopo era quello di determinare lo stato di degradazione dei materiali costituenti, dopo due anni di esposizione ai rigori dello spazio cosmico. Con sorpresa si constatò che una colonia batterica, che aveva viaggiato a bordo della sonda, aveva sospeso la propria attività biologica per tutto il tempo di permanenza nello spazio, ma era comunque sopravvissuta indenne per due anni e riprese a vivere normalmente una volta tornata sulla Terra. Con questo non voglio assolutamente affermare che l'ambiente spaziale sia compatibile con la vita, ma che dicerie riguardo alle radiazioni e alle temperature estreme che sterilizzano ogni forma di vita, possano rilevarsi spesso dei pregiudizi infondati.

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Fonti informative:

ApolloArchive

ApolloFlightJurnal

ApolloSpacecrafts

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